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.""E' poco però venticinquemila lire di rendita" disse Montecristocon una dolcezza così soave che penetrò il cuore di Massimiliano,come avrebbe potuto farlo la voce di un tenero padre."Ma non sifermeranno lì, i nostri giovani, diverranno a loro voltamilionari.Il vostro cognato e avvocato.medico?""Era negoziante, signor conte, ed aveva presa la ditta del miopovero padre.Il signor Morrel è morto lasciando cinquecentomilafranchi di fondi: io ne avevo una metà, e mia sorella l'altra,perché non eravamo che due figli.Suo marito, che l'aveva sposatasenza avere altra ricchezza che la sua nobile probità, la suaintelligenza di prim'ordine, e la sua reputazione senza macchia,ha voluto accumulare un patrimonio pari a quello della moglie.Egli lavorò finché ebbe risparmiati duecentocinquantamila franchi:sei anni bastarono.Era, ve lo giuro, signor conte, un commoventespettacolo vedere questi due giovani laboriosi, uniti, destinatiper la loro capacità alla più gran fortuna che, non avendo volutoalcun cambiamento nelle abitudini della casa paterna, hanno messosei anni per accumulare ciò che degli spregiudicati avrebberopotuto fare in due o tre.Marsiglia parla ancora dei sacrificidi questi due ragazzi.Infine un giorno Emanuele venne da suamoglie che finiva di pagare le scadenze."Giulia" le disse, "ecco l'ultimo buono di cento franchi riscossoda Coclite, e che compie i duecentocinquanta mila franchi cheabbiamo fissato come limite del nostro guadagno.Sarai soddisfattadi quel poco di cui d'ora innanzi bisognerà che ci contentiamo?Ascolta, la casa ogni anno fa affari per un milione, e puòprodurre un utile di quarantamila franchi: venderemo, se vogliamo,la clientela per trecento mila franchi, perché ecco qui unalettera del signor Delaunay che ce li offre in cambio dei nostrifondi, ch'egli vuole riunire ai suoi.Pensa a ciò che credi sidebba fare.""Amico mio" disse mia sorella, "la ditta Morrel non può essereportata che da un Morrel.Salvare per sempre il nome di nostropadre da qualunque evento della sorte non vale più di trecentomila franchi?""Lo pensavo anch'io" disse Emanuele, "però ho voluto sentire iltuo parere.""Ebbene, amico mio, eccolo.Tutti i nostri incassi sono fatti,tutte le nostre obbligazioni pagate; possiamo tirare un rigo aldisotto dei conti di questa quindicina, e chiudere il banco;facciamolo."Il che fu fatto nello stesso momento.Erano le tre; alle tre e unquarto un cliente si presentò per fare assicurare il tragitto didue bastimenti; era un guadagno di quindicimila franchi incontanti.Signore" gli disse Emanuele, "abbiate la bontà di rivolgervi perqueste assicurazioni a qualcun altro dei nostri confratelli, peresempio al signor Delaunay; in quanto a noi abbiamo lasciato gliaffari."E da quanto tempo?" domandò il cliente meravigliato.420"Da un quarto d'ora.'"Ecco, signore" continuò sorridendo Massimiliano, "in qual modomia sorella e mio cognato non hanno che venticinquemila lire direndita."Massimiliano terminava appena questo racconto durante il quale ilcuore del conte si era sempre più commosso, allorché Emanuelericomparve vestito d'un altro abito e di un cappello.Egli salutòin modo da far capire che aspettava la sua visita, e quindi, dopoaver fatto fare al conte il giro del piccolo recinto fiorito, locondusse verso casa.Il salotto era già profumato dai fiori contenuti in un immensovaso del Giappone.Giulia, convenientemente vestita ed elegantemente pettinata (avevaimpiegata tutta la sua abilità in dieci minuti!), si presentò allingresso per ricevere il conte.Si sentivano cinguettare gli uccelli di una uccelliera, i cui ramidi falso ebano e i rami d'un'acacia rosea venivano coi lorograppoli di fiori ad ornare i panneggiamenti di velluto turchino.Tutto respirava calma in questo grazioso piccolo ritiro, dal cantodegli uccelli fino al sorriso dei padroni.Il conte, fin dal suo entrare nella casa, si era già impregnato diquesta felicità; perciò restava muto ed assorto, dimenticando diesser guardato ed atteso per riprendere la conversazioneinterrotta dopo i primi complimenti.Egli s'accorse che il proprio silenzio diveniva quasisconveniente, e strappandosi con sforzo dai suoi ricordi:"Signora" disse finalmente, "perdonate una emozione che devemeravigliare voi, abituata a questa pace ed a questa felicità, maper me è cosa tanto nuova la soddisfazione sul viso umano, che nonmi stanco di contemplare voi e vostro marito.""Siamo infatti molto felici, signore" replicò Giulia, "ma abbiamosofferto tanto lungamente, che ben poche persone hanno conquistatola loro felicità ad un così caro prezzo."La curiosità si dipinse sui lineamenti del conte."Oh, questa è un storia di famiglia, come vi diceva l'altro giornoChateau-Renaud" riprese Massimiliano."Per voi, signor conte,assuefatto a vedere illustri infortuni e splendide gioie, visarebbe poco d'interessante in questo quadro familiare.Tuttaviaabbiamo, come diceva Giulia, sofferto vivi dolori, quantunquecircoscritti in questo piccolo quadro.""E Dio versò su voi, come versa su tutti, la consolazione nelledisgrazie?" domandò Montecristo."Sì, conte, possiamo dirlo, perché ha fatto per noi ciò chepotrebbe fare per i suoi eletti; ci ha inviato uno dei suoiangeli."Le guance del conte divennero rosse, ed egli tossì per avere unmezzo di dissimulare la sua emozione, portando alla bocca ilfazzoletto."Coloro che nacquero in una culla di porpora e che non hanno maidesiderato cosa alcuna" disse Emanuele, "non sanno ciò che sia ilbene della vita, come non conoscono il valore di un cielo puro esereno coloro che non hanno mai messa la loro vita in balia diquattro assi gettate sopra un mare in tempesta."Montecristo si alzò, e senza dir nulla, perché al tremolio della421sua voce avrebbero forse riconosciuta l'emozione da cui erascosso, si mise a percorrere il salotto passo passo."La nostra magnificenza vi farà sorridere." disse Massimiliano,che seguiva con gli occhi Montecristo."No, no
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